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Esplorando il Dialetto Romagnolo: Progetto nella Scuola Primaria

Il progetto mira a stimolare le reminiscenze legate alla lingua romagnola, un elemento culturale identificativo per gli abitanti della Romagna e oltre. Attraverso la valorizzazione dei suoni, dell’etimologia e dell’uso delle parole, soprattutto dei “romagnolismi”, presenti nel parlato locale, si intende preservare e celebrare la bellezza di questa lingua. Con l’obiettivo di contrastare la sua progressiva scomparsa, la proposta è quella di stimolare i ragazzi attraverso la lettura e l’ascolto per ricordare una lingua che sta svanendo ma che identifica profondamente la loro generazione.

 

QUANDO INIZIA IL CARNEVALE?:

Il Carnevale inizia il giorno dell’Epifania: per la Pasquetta!

Un antico proverbio romagnolo dice “Par la Pasquèta Carnvèl è sbacheta”!

Cosa significa? Il Carnevale comincia a muoversi a far rumore. Fare Carnevale voleva dire essere felici, scherzare, mangiare e ballare.

QUANDO FINISCE IL CARNEVALE?

Il Carnevale è legato ad un’altra festività, al giorno di Pasqua. Per trovare l’ultima settimana di Carnevale, dobbiamo partire dal giorno di Pasqua e andare indietro di sei settimane.

Arriviamo così all’ultima settimana di Carnevale, alla settimana “lova” che significa golosa!.

Il  giorno che da’ il via alla settimana “lova” è il Giovedì Grasso, da qui partono i sei ultimi giorni grassi dei festeggiamenti di Carnevale: “i dè luv” (i giorni lovi) che terminano il Martedì Grasso.

Quest’anno il giovedì grasso sarà l’8 febbraio,  e l’ultimo giorno di Carnevale, il martedì grasso, “e mert lov” sarà il 13 febbraio 2024.

Al suono della “lova” – la campana del ritiro, che suonava alle ventitré e mezzo – il Carnevale finiva!. Un detto romagnolo diceva: «Finito il carnevale finiti i canti, poveri miei quattrini, ne avevo tanti!» Perché nel periodo delle “grandi feste”, sia quelle natalizie che quelle di carnevale, circa due mesi di festeggiamenti, si spendevano tanti soldi sia per mangiare/bere che per andare a ballare e divertirsi.

PERCHÈ MARTEDI’ “LOVO”? e COSA SIGNIFICA CARNEVALE?

Nella tradizione romagnola l’ultimo giorno di Carnevale,  il martedì grasso (il martedì lovo) era il giorno in cui si sarebbe dovuto  mangiare sette volte quello che una persona mangiava normalmente. La parola Carnevale significa CARNE LEVARE, infatti dal giorno dopo, iniziava la Quaresima, un periodo di digiuno e penitenza, per ricordare i giorni passati nel deserto da Gesù. Soprattutto si ritornava ad una vita normale senza troppi eccessi.

COSA SI MANGIAVA a CARNEVALE?

Nelle famiglie, si mangiavano le castagnole. Le castagnole sono un dolce tipico di Carnevale, appartenente alla tradizione romagnola. Si chiamano in questo modo per la loro forma e dimensione che ricordano appunto quelle delle castagne. Sono delle deliziose palline di impasto, realizzato con farina, zucchero e uova, o fritte nello strutto o cotte al forno e poi cosparse di zucchero a velo. Si mangiava anche la piè (piadina) guarnita dei ciccioli. In inverno, infatti, si ammazzava il maiale e c’era abbondanza di strutto e di carne in questo periodo dell’anno. I ciccioli in dialetto romagnolo sono conosciuti anche come “Grassul”, i ciccioli  romagnoli sono un impasto di carne di suino cotto e poi pressato. La cottura dei “Grassul” è parecchio lenta e durante la cottura vengono rimescolati. Una volta terminata la cottura di diverse ore, i ciccioli si tolgono dal paiolo (un grande pentolone) per essere conditi con sale e pepe. Come ultima cosa vengono pressati allo scopo di separare lo strutto (il grasso) e dopo vengono raffreddati.

COME CI SI MASCHERAVA? E PERCHÈ?

A Carnevale, la maschera tradizonale nelle campagne romagnole era quella della vecchia che rappresentava gli antenati. Si faceva la “mascarêda” (la mascherata) della vecchia: “la vECIA”.  I ragazzi indossavano una camicia molto usata, si coprivano il capo con un fazzoletto, si cospargevano il volto di fuliggine e portavano con loro un bastone e una sporta. Andavano di casa in casa e bussavano alle porte delle case dicendo: -Jò, jò, la povra vecia! – E i padroni di casa, se gli davano  pane, uova o carne insaccata, o formaggio, o vino o quant’altro, significava abbondanza/ricchezza della casa. Era un buon augurio per la nuova stagione che stava arrivando, abbondanza nei raccolti, animali in salute il rinascere della vegetazione e dei frutti della terra. Se la “vecia” riceveva quindi molti doni diceva a gran voce: – Ca bona par la povra vecia, jò, jò! – (casa buona per la povera vecchia). Era un buon augurio per la nuova stagione che stava arrivando, abbondanza nei raccolti, animali in salute il rinascere della vegetazione e dei frutti della terra . Se invece la casa  era avara/tirchia e quindi la “vecia” riceveva pochi doni, a gran voce diceva: – Ca bruseda! –(casa bruciata). Non era un buon augurio.

A Ravenna si svolgeva anche, negli ultimi due giorni di Carnevale, una cerimonia che prevedeva il lancio in alto di un fantoccio di stracci chiamato. “TUNEN”,

e le persone che effettuavano il lancio gridavano – E’ va, è va, è va è pòvar Tunen – e chi assisteva al lancio doveva rispondere – Lassa ch’è vega, ch’è turnarà (lascia che vada, che tornerà). Il fantoccio “Tunen” rappresentava il Carnevale, le feste che stavano finendo ma che l’anno successivo sarebbero ritornate.

QUALI SCHERZI SI FACEVANO?

Avete mai sentito dire: “Par Carnvèl, ogni scherz e’ vêl” per Carnevale ogni scherzo vale!. Verso la fine del Carnevale, uno degli scherzi più ricorrenti e  ricordati  era la “fasuléra” (fagiolata), si trattava di spargere fagioli, fave, paglia davanti alla porta di casa delle ragazze che a Carnevale non avessero trovato un corteggiatore. Il Carnevale era un periodo di festa e favoriva la formazione di nuove coppie.

COSA SUCCEDEVA DOPO IL CARNEVALE?

Il giorno dopo,  quest’anno sarà mercoledì 14 febbraio, il Mercoledì delle ceneri, inizia la QUARESIMA  e da qui partono circa 6 settimane (circa 40 giorni),  di digiuno, si dovrebbe evitare di mangiare carne e dolci,  fino a Pasqua.

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